Nell'edizione Oscar Titan, che contiene tutti e tre i romanzi della trilogia e due racconti inediti, viene spiegato come la traduttrice Francesca Mastruzzo ha superato le problematiche riscontrate nella precedente edizione Fanucci
Nella Nota del treduttore, Mastruzzo spiega come ha reso nell'edizione italiana l'assenza delle accezioni di genere nella versione originale in inglese
La copertina del "volumone":
Ecco cosa racconta Francesca Mostruzzo:
La storia che state per leggere richiede un piccolo sforzo di adattamento linguistico. Ann Leckie ha inventato un universo complesso e affascinante largamente dominato da un impero millenario, il Radch, dove migliaia di corpi sono al servizio di intelligenze artificiali e nel quale una tradizione di scarsa mobilità sociale comporta un’attenzione ossessiva al rispetto dell’etichetta, espresso attraverso i comportamenti e soprattutto l’uso delle corrette formule linguistiche.
Quella Radchaai è inoltre una cultura che non bada alla distinzione tra i generi sessuali, e questo si riflette sul linguaggio: dato che il genere non è importante, per consuetudine tutte le persone vengono indicate con il pronome femminile. Non perché i personaggi siano tutti donne, ma perché questo prevede il Radchaai, la lingua franca dell’impero. Quando, all’inizio del racconto, la protagonista e voce narrante Breq incontra Seivarden, che già conosce, e ci dice di sapere che è un maschio, continua comunque a farvi riferimento al femminile. D’altra parte che senso avrebbe fare questa distinzione quando una moltitudine di intelligenze (artificiali e no), compresa la persona più potente del Radch, hanno più corpi – e tutti diversi per età, sesso, etnia? Come insegnano Edward Sapir e Benjamin Whorf, la lingua influenza la nostra percezione del mondo e la nostra percezione del mondo si riflette sulla lingua.
Nell’universo letterario creato da Ann Leckie non si intende cancellare il genere maschile, anzi, si è ben consci delle differenze sessuali nel definire certe cariche di prestigio. Basti ricordare che a dominare il Radch è una “Lord”, non una “Lady” (nella versione inglese, “the Lord of the Radch” è “she”). Il lettore può dunque usare l’immaginazione per decidere se i personaggi che incontra man mano sono uomini o donne o qualcos’altro. A coloro che le chiedono di conoscere il sesso di un dato personaggio, Leckie risponde: prendetelo come un test di Rorschach.
L’inglese differenzia il genere perlopiù nel pronome di terza persona singolare he/she e nel possessivo his/her. In italiano, invece, la distinzione si riflette anche su articoli, aggettivi, sostantivi, verbi. Tradurre questa trilogia produce quindi un effetto più “femminilizzante” e straniante rispetto all’inglese ma, d’accordo con Leckie, che già aveva accettato un approccio simile nella versione tedesca, si è scelto di correre tale rischio (diverso è il discorso per i due racconti qui pubblicati in appendice, composti prima che l’autrice maturasse la sua riflessione sul genere). Il risultato è una lingua sbilanciata al femminile, mentre l’italiano è solitamente sbilanciato al maschile (si pensi anche solo al fatto che un gruppo di persone viene indicato col maschile, a meno che non sia formato interamente da donne).
Uno dei punti più delicati riguarda le professioni e le cariche che sono tradizionalmente appannaggio di uomini, come quelle militari. Come tradurre captain? Il capitano? Poco inclusivo. La capitana? Potenzialmente dispregiativo. La capitanessa? Involontariamente sarcastico. (In merito si veda Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana, 1986.) In Italia il dibattito sul tema è ricco, ma basta confrontare le posizioni di istituzioni prestigiose come l’Accademia della Crusca o la Treccani, le Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo del MIUR (2018) e le tesi di intellettuali che si sono espressi in materia a titolo personale per constatare che non c’è accordo e che il tempo tende a rendere certe scelte o preferenze obsolete. Qui siamo di fronte a un’opera di finzione, e ciò che importa è rappresentare una cultura, una società e dei personaggi fittizi, non addentrarsi nel dibattito sulla lingua italiana – proprio come Leckie non si addentra nel dibattito sull’inglese americano. Per quanto possibile senza snaturare il testo originale, ho cercato di tradurre i termini indicanti professioni e cariche di rilievo con sostantivi che si adattassero sia al maschile sia al femminile (“interprete”, per esempio, non “traduttore” o “traduttrice”), ma concordandoli al femminile (quindi “la interprete”). Mentre per “captain” avremo “la capitano”, perché “la capitana” mi sembrava avere una connotazione autoritaria, più che autorevole, e poi per mantenere l’effetto di spaesamento cui ho accennato.
Vi assicuro che dopo aver letto poche pagine vi abituerete. Forse la vostra percezione cambierà, o forse immaginerete tutte le persone di potere in questa storia come uomini. Prendetelo come un test di Rorschach
Quando la protagonista Breq ha a che fare con persone non Radchaai, può basarsi solo su alcuni segni esteriori, che cambiano da un sistema planetario all’altro, per determinarne il sesso. E, quando si rivolge a loro, per non sbagliare (cosa che le capita spesso) evita di usare i pronomi. Facile, in inglese! In questi casi, la sfida nella traduzione è stata quella di aggirare totalmente i riferimenti linguistici al genere dei personaggi.
Tutte le scelte sono state discusse e concordate con l’autrice, che ringrazio per la pazienza e la disponibilità.
Buona lettura!
F.M.
La sinossi:
Su un lontanissimo pianeta coperto di ghiaccio, Breq sta per recuperare l'oggetto di cui è in cerca da tempo - un prezioso manufatto costruito dall'inconoscibile e temutissima specie aliena Presger -, quando si imbatte in un corpo semiassiderato nella neve: è Seivarden Vendaai, una persona che Breq credeva morta da mille anni. Perché Breq non è ciò che sembra: diciannove anni, tre mesi e una settimana prima di quel giorno era la "Justice of Toren", una gigantesca astronave da trasporto truppe in orbita attorno al pianeta Shis'urna insieme alle sorelle "Sword" e "Mercy". Come tutte le navi dell'impero Radchaai, la "Justice" è un'intelligenza artificiale che controlla ancelle umane. Ma ora la "Justice" è stata distrutta e della sua coscienza pensante è rimasto solo un frammento: Breq.
Chi l'ha devastata ha portato via tutto ciò che le era più caro; solo due cose le rimangono: un fragile corpo umano nel quale sta imparando a nascondersi e un'inesauribile sete di vendetta. Il suo obiettivo è Anaander Mianaai, Lord del Radch, la creatura semi-immortale che da tremila anni detiene il potere assoluto sull'impero grazie alle sue migliaia di corpi interconnessi. La trilogia "Ancillary" disegna un universo originale e ricco di particolari spiazzanti, tanto complesso quanto coerente: un sistema nel quale le intelligenze artificiali si appassionano alla musica polifonica e sono ossessionate dal tè, mentre le differenze di genere non hanno senso. Ann Leckie esplora le sottigliezze psicologiche, i pregiudizi razziali, le passioni politiche e religiose dei suoi personaggi. Ma soprattutto fa ciò che da sempre fa la fantascienza: accompagnare il lettore, tra gigantesche battaglie interplanetarie e viaggi spaziali, alla scoperta di nuovi mondi, dove nessuno è mai giunto prima. Contiene anche i racconti "Il lento veleno della notte" e "Lei comanda e io obbedisco".
Raccoglie i romanzi:
ANCILLARY JUSTICE
ANCILLARY SWORD
ANCILLARY MERCY
e i racconti:
Il lento veleno della notte
Lei Comanda e Io Obbedisco
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L’autore
ANN LECKIE (Toledo, Ohio, 1966), da sempre appassionata di fantascienza, ha esordito nel 2013 con il primo romanzo della trilogia «Imperial Radch» Ancillary Justice, vincendo tra gli altri i premi Hugo, Nebula, BSFA, Arthur C. Clarke e Locus. Anche i successivi volumi Ancillary Sword (2014) e Ancillary Mercy (2015) hanno vinto il Locus e sono stati finalisti al Nebula. Nello stesso universo di Ancillary sono ambientati il romanzo Provenance, di prossima pubblicazione in Italia per Mondadori, e i racconti Il lento veleno della notte e Lei Comanda e Io Obbedisco,