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L'introduzione: Charles Stross e L'alba del disastro

Il passato, il futuro e il genocidio

di Salvatore Proietti


charles+stross

Forse è proprio con questo Iron Sunrise, uscito nel 2004, che Charles Stross acquisisce la statura di grande della nuova fantascienza britannica.



Stross era noto per i racconti, che rivelavano il tono brillante e ironico che ne costituisce la firma stilistica, in parte riuniti nella raccolta del 2002 Toast and other Rusted Futures. L'anno successivo era balzato all'attenzione generale con il romanzo d'esordio, Singularity Sky, dove per la prima volta aveva presentato il rutilante futuro ad alta tecnologia che fa da sfondo anche a questo romanzo.

La premessa di entrambi i romanzi è vertiginosa. In un futuro non troppo lontano, le intelligenze artificiali del mondo hanno acquisito un'autocoscienza, ed è emersa una misteriosa entità «postumana» dai poteri semidivini, chiamata Eschaton. Questa entità ha improvvisamente trasportato gruppi di esseri umani in luoghi remoti della galassia, dotandoli di avanzatissime tecnologie per la produzione di beni di ogni sorta. Per lo più imperscrutabile negli scopi, lontano o indifferente ai destini e conflitti umani immediati, e in generale relativamente benevolo, Eschaton mantiene un controllo e un monopolio ferreo sui viaggi nel tempo, considerando apparentemente questa tecnologia, legata al viaggio spaziale a velocità superiori a quella della luce, come la principale minaccia alla sua esistenza. In Singularity Sky sono in azione un gruppo di agenti terrestri, suoi alleati, che cercano di prevenire un conflitto che coinvolge una società antitecnologica, una sorta di pericoloso gruppo di burloni cosmici, e altre brillanti creazioni.

Da un lato, dunque, Stross si inserisce in quel filone «concettuale» della nuova science fiction, di cui fanno parte autori come Vernor Vinge e Greg Egan, che si incentrano su idee come la «singolarità» (appunto il salto di paradigma universale prodotto dall'informatizzazione del mondo) e la centralità dell'informazione. Dall'altro, e non è un paradosso, abbiamo un tentativo di rinnovare la classica tradizione della space opera, dell'avventura spaziale più visionaria e talvolta disimpegnata. In questo, a partire dalla metà degli anni '80 la Gran Bretagna è all'avanguardia: da intrattenitori di grande successo come Stephen Baxter e Peter F. Hamilton, passando per figure altamente avvertite dal punto di vista scientifico come Alastair Reynolds, fino a scrittori raffinatissimi sotto ogni punto di vista come Iain Banks e Ken MacLeod, a cui Stross è spesso avvicinato. Con loro, la sensibilità postcyberpunk scopre (o meglio, riscopre) lo spirito dell'avventura e il «senso del meraviglioso». Pur mantenendo i piedi ben saldi nei dilemmi e conflitti del nostro presente disincantato, con questi autori la fantascienza cerca allo stesso tempo di riscoprire l'innocenza.

Per Stross, il repertorio dell'innocenza è anche quello dei nuovi media, che hanno dato un nuovo pubblico alla science fiction: i giochi (un'industria in cui aveva lavorato negli anni Ottanta), i cartoni animati spesso evocati indirettamente, la televisione. C'è molto dell'universo di Star Trek anche in L'alba del disastro. I «fab» o «fabbricatori» sono discendenti diretti dei replicatori che abbiamo tutti imparato a dare per scontati negli episodi televisivi: una tecnologia dalle straordinarie implicazioni economiche oltre che tecnologiche, ci ricorda Stross, che a volte li chiama «cornucopie». I RiMasterizzati, gruppo di esseri semicibernetici che cercano di costruire una razza perfetta e, nella loro mistica inquietante, di «assemblare» un nuovo dio, sono un analogo dei Borg, come loro intenti ad assorbire l'intera popolazione dell'universo. E tutti gli scenari dell'astronave sono un grande omaggio alle varie versioni della Enterprise.

E i cultori della fantascienza scritta non potranno mancare di riconoscere un amore per la complicazione della trama che risale almeno agli anni Quaranta di A.E. van Vogt, una protagonista che anche nel nome (Wednesday) richiama quella di un tardo romanzo di Robert A. Heinlein come Friday (ed. it. Operazione domani, Mondadori, evocato anche in Stella variabile di Heinlein e Spider Robinson, da poco pubblicato in questa collana), e tante figure di spie benevole simili a quelle dei libri di Poul Anderson e Keith Laumer. In altre parole, fra gli autori della sua generazione, Stross è quello che più di tutti guarda al passato oltre che al futuro della fantascienza. Forse a questo si deve il suo successo negli Stati Uniti.

Mentre scrivo questa postfazione, le notizie su Internet comunicano che a Stross, l'autore di culto di Accelerando (con cui abbiamo inaugurato questa collana) e degli appassionati di informatica più sofisticati, è stato assegnato dai fan di Boston lo Skylark Award, il premio intitolato a E.E. «Doc» Smith, l'inventore della space opera negli anni Trenta. Ed è un riconoscimento giusto e coraggioso.

Il suo sguardo verso il passato è affettuosamente ironico, e il lettore italiano lo ha anche trovato in The Concrete Jungle (ed. it. Giungla di cemento, Delos Books), romanzo breve del 2004 che unisce fantascienza, orrore alla Lovecraft e spionaggio alla James Bond, e lo ritroverà anche nel grottesco sfondo di Missile Gap (in uscita per lo stesso editore), anch'esso pieno di omaggi a Star Trek.

Ma con tutta l'ironia (riconosciuta da Paul Di Filippo in una recensione apparsa sul sito www.scifi.com), il punto di partenza di Iron Sunrise non potrebbe essere più drammatico. È da un genocidio cosmico che inizia il libro, l'Alba del Ferro del titolo originale; e un filo conduttore di tutta la trama è il tentativo di una ragazzina adolescente sopravvissuta di ricostruirsi una vita e dei rapporti umani e sentimentali. Intorno a lei, abbiamo i personaggi ricorrenti della coppia di spie, Rachel e Martin, ciniche (e nel caso dell'uomo contemporaneamente al servizio delle Nazioni Unite e di Eschaton) ma dotate di una coscienza e di un senso di responsabilità: forse le figure più esageratamente idealizzate, ma la cosa non sembra fuori posto in una galassia tutta all'insegna dell'esagerazione ironica. Dunque, il genocidio e lo spettro del suo ripetersi domina tutto il romanzo. E anche questo è un gesto di coraggio da parte di Stross, che affronta un tema raramente trattato nella fantascienza: gli unici esempi vengono dall'America anni Ottanta, con Orson Scott Card e il suo ciclo di Ender, e soprattutto James Tiptree (pseudonimo di Alice Sheldon) che ne diede un'intensissima versione al femminile in Brightness Falls from the Air (ed. it. E sarà la luce, Editrice Nord).

Davanti a questa sfida Stross sceglie di perseguire la speranza. La tecnologia può porre delle scelte, ma queste scelte non sono obbligatorie: la tecnologia può far girare la testa (anche quella potenziata ciberneticamente) e proporre nuove minacce, ma le scelte sono gli esseri umani - o postumani - a farle. E la volontà di sopravvivenza sembra essere in ogni circostanza l'impulso più irresistibile, e la risorsa più preziosa: per Wednesday Shadowmist che conosce l'orrore e sa utilizzare ogni segreto dei computer, e per il suo mondo. Cioè - non dimentichiamolo - per il nostro.

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