Alla scoperta di "Forever War" di Joe Haldeman con Beppe Roncari
Articolo originale all'interno dell'Urania 1744 novembre 2025
Si vis pacem, para bellum, dicevano i Romani: se vuoi la pace, prepara la guerra.
Motto a cui Joe Haldeman, con Forever War (1972-1974), ribatterebbe con sarcasmo: “Se prepari la guerra, non avrai altro che la guerra”.
Specialmente se si tratta di una guerra galattica contro alieni sconosciuti, battezzati “taurani” perché… bisogna pur chiamarli in qualche modo!
Il volume dei Draghi Urania Forever War - La saga comprende il primo romanzo omonimo, tradotto in Italia come Guerra eterna, e altri due libri della saga, Missione eterna (Forever Free, 1999) e Guerra eterna: ultimo anno (A Separate War), una raccolta di racconti usciti tra il 1969 e il 2005.
Non fanno parte del volume, invece, i testi della serie parallela Forever Peace, che alcuni erroneamente associano a Forever War per la somiglianza dei titoli.
Non c’è alcuna pace all’orizzonte, in questa storia, solo un conflitto sfuggito a ogni controllo che diventa fine a se stesso, alimentato da una macchina economica e burocratica che divora uomini e risorse, senza che nessuno ricordi nemmeno più il motivo per cui tutto ha avuto inizio.
Dietro l’epopea spaziale dei protagonisti, i soldati William Mandella e Marygay Potter e i loro compagni, trapela l’esperienza diretta dell’autore nel Vietnam: l’addestramento spietato, la violenza gratuita, le missioni suicide, il condizionamento psicologico.
Haldeman trasfigura il trauma in fantascienza militare, mostrando la guerra come un’economia a circuito chiuso, che si autoalimenta, e che per sopravvivere trasforma i cittadini nella proverbiale carne da macello.
Ogni elemento del romanzo concorre a denunciare l’assurdità di un sistema che, invece di difendere l’umanità, la corrode dall’interno.
William Mandella stesso non era un militare di professione, ma un fisico esperto, e così pure i suoi colleghi e le sue colleghe sono tutti scienziati, le menti più promettenti della società civile che vengono sfruttate per la tecnologia bellica.
Lo sguardo di Mandella attraversa secoli di storia terrestre a causa degli effetti relativistici dei viaggi spaziali.
Mentre per lui passano pochi anni, sulla Terra trascorrono secoli, e la società si degrada progressivamente. Il mondo che ritrova a ogni suo ritorno non è mai quello lasciato, ma è sempre più autoritario, più disumano, più estraneo.
È questa la vera alienazione della Forever War: una guerra non tanto contro i taurani, avversari quasi invisibili, quanto contro una civiltà terrestre diventata irriconoscibile, inghiottita dalle miopie del militarismo e dalla burocrazia.
Emblematiche sono le “soluzioni” escogitate per controllare la popolazione terrestre e piegarla alle esigenze belliche. Prima, l’utilizzo coatto di droghe e di suggestione post-ipnotica, impiegate senza remore per condizionare i soldati a compiere genocidi senza esitazione, cancellando il loro libero arbitrio.
Poi, l’omosessualità incentivata come politica di Stato, trasformata in strumento di regolazione delle nascite, chiaro segno che la morale cambia non per evoluzione culturale, ma per pura convenienza militare. Infine, la bioingegneria usata per “industrializzare gli esseri umani, rendendoli pure macchine da guerra, incapaci di provare un legame autentico con gli altri.
E intanto la burocrazia regna sovrana.
Ordini contraddittori, regolamenti ridicoli, catene di comando che sembrano pensate più per intrappolare i soldati in una ragnatela di assurdità che per combattere davvero il nemico.
La guerra diventa così non solo inutile, ma persino grottesca, una parodia letale in cui si rischia di morire per una pratica compilata male o per una direttiva obsoleta.
Se Starship Troopers di Heinlein (1959) condannava il militarismo e la coscrizione obbligatoria e Catch-22 di Heller (1961) mostrava l’ottusità della catena di comando dell’aviazione durante la Seconda guerra mondiale, The Forever War porta queste logiche perverse all’estremo.
La critica ha definito l’opera di Haldeman non solo come un “romanzo del Vietnam in chiave sf”, ma come una riflessione universale sul destino dei soldati di ogni guerra, in un futuro che parla al presente.
La grande intuizione di Haldeman è che questa guerra eterna non distrugge l’umanità con la morte in battaglia, ma con la graduale trasformazione della società.
A forza di combattere, gli uomini finiscono per somigliare sempre più ai loro nemici alieni, rinunciando all’individualità in nome di una mente collettiva che non lascia spazio alla libertà.
È la vittoria paradossale del conflitto: non annienta il nemico, ma cancella ciò che rende l’uomo un essere umano.
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Abbiamo parlato di:
Beppe Roncari (Milano 1978), scrittore, traduttore, redattore di libri in lingua inglese, cura i blog di Urania, Segretissimo e del Giallo Mondadori e le pagine social della collana Oscar Storia.
L'autore
Il romanzo più celebre di Haldeman, Guerra eterna (The Forever War, 1977), ispirato anch'esso al suo Vietnam, ha vinto sia il premio Hugo sia il premio Nebula.
L'autore si rifiutò per più di vent'anni di dare un seguito alla storia, malgrado pressioni di editori ed appassionati, fino agli anni novanta, quando scrisse Pace eterna (Forever Peace, 1997), Premio Hugo 1998, legato al precedente per il tema ma con una diversa ambientazione, e quindi Missione eterna (Forever Free, 1999), la prosecuzione di Guerra eterna con gli stessi personaggi.


