E' uscito in questi giorni l'edizione italiana del romanzo di Hugh Howey Wool!
Edito da Fabbri Editore, è l'ennesima storia di un futuro prossimo e distopico, postapocalittico e spietato, ma la particolarità è che è un self publishing, ossia è stato pubblicato a episodi direttamente dall'autore e ha avuto un successo clamoroso, tanto da aver incuriosito il regista americano Ridley Scott dal quale vuole trarne un film.
la cover dell'edizione italiana |
Sinossi:
Cosa faresti se il mondo fuori fosse letale e l'aria che respiri potesse uccidere? Se vivessi in un luogo dove ogni nascita richiede una morte e le tue scelte possono salvare vite o distruggerle? Questo è il mondo di Wool. In un futuro apocalittico, in un paesaggio devastato e tossico, una comunità sopravvive rinchiusa in un gigantesco silo sotterraneo. Lì, uomini e donne vivono prigionieri in una società piena di regole che dovrebbero servire a proteggerli. Il rispetto delle leggi è affidato allo sceriffo Holston, un uomo lucido e malinconico che vive nel ricordo della moglie scomparsa. Dopo anni di servizio integerrimo, un giorno, a sorpresa, rompe inaspettatamente il più grande di tutti i tabù e chiede di uscire, di andare fuori, incontro alla morte. La sua fatidica decisione scatena una serie di terribili eventi. A sostituirlo è nominato un candidato improbabile, un tecnico specializzato del reparto macchine: Juliette. Ora che il silo è affidato a lei, imparerà presto a sue spese quanto il suo mondo è malato. Juliette è abituata ad aggiustare le cose e vuole vederci chiaro: com'è nato il silo? E chi ha interesse a mantenervi l'ordine, tanto da arrivare a uccidere? Forse il silo è in procinto di affrontare ciò che la storia ha lasciato solo intendere e che i suoi abitanti non hanno mai avuto il coraggio di sussurrare. Rivolta.
Leggi un estratto:
I bambini stavano giocando mentre Holston saliva incontro
alla morte. Li udiva urlare e rincorrersi qualche
piano sopra di lui come fanno soltanto i bambini felici.
Sentendo tutto il loro impaziente fracasso, se la prese comoda,
avanzando sulla scala a chiocciola con un’andatura
lenta e metodica che risuonava sui gradini metallici.
Gli scalini, come i vecchi stivali di suo padre, mostravano
segni di usura: della vernice scrostata rimaneva
qualche traccia negli angoli e ai lati, dove nessuno posava
i piedi. Passi lontani sollevavano piccole nuvole di
polvere e Holston percepiva le vibrazioni della ringhiera,
dove l’acciaio scintillante aveva perso ogni traccia
di smalto. Era una cosa che l’aveva sempre sorpreso:
come secoli di palmi di mani e suole di scarpe potessero
logorare il metallo. Una molecola alla volta, immaginò.
Ogni vita ne erodeva uno strato, allo stesso modo in cui
il silo erodeva quella vita.
Tutti i gradini si erano incurvati sotto il peso di generazioni
di passanti, e ormai avevano il bordo smussato
all’ingiù come un labbro imbronciato. Al centro, i rilievi
a forma di rombo che un tempo li rendevano meno
scivolosi erano scomparsi. Restavano soltanto sporgenze
piramidali appena accennate e ancora ricoperte da
minuscole scaglie di vernice che punteggiavano, come
uno schema regolare, la superficie liscia del metallo.
Holston alzò il suo vecchio scarpone e si issò su un
altro vecchio gradino. Si lasciò prendere dal pensiero
di ciò che restava di quegli anni lontani e sconosciuti.
Molecole e vite cancellate, ridotte in polvere, strato
dopo strato. Come gli era già capitato in passato, tornò
a riflettere su una cosa: quelle scale, come le loro vite,
non erano state create per una esistenza di quel genere.
La lunga spirale che si avvolgeva all’interno del silo
sotterraneo come una cannuccia in un bicchiere aveva
confini troppo angusti per essere destinata a un uso tanto
massiccio, pensò. Le scale, così come la loro intera
casa cilindrica, sembravano progettate per assolvere ad
altri scopi, funzioni dimenticate da tempo. Quella che
per migliaia di persone era la strada principale, percorsa
giorno dopo giorno in un continuo saliscendi, sembrava
più che altro una struttura adatta alle emergenze,
a poche decine di uomini.
Holston superò un altro piano, che ospitava i dormitori
disposti a raggiera. Man mano che raggiungeva
gli ultimi livelli nell’ultima salita della sua vita, il suono
ilare delle voci dei bambini riecheggiava più forte. Era
la voce dell’incoscienza, di anime che non avevano ancora
capito dove abitavano, che non sentivano la terra
premere da tutti i lati, che non avevano la sensazione
di essere sepolte, ma vive. Vive e ancora intatte, e lanciavano
risate gioiose lungo la tromba delle scale, trilli
incompatibili con quello che Holston si apprestava a
fare, con la sua ferma decisione di uscire...
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