Il Racconto dell'Ancella 4 (Handmaid's Tale): recensione quarta stagione in streaming su Prime Video

Avrebbe dovuto essere l'ultima stagione, invece (forse) ce ne saranno altre tre.. (o forse una sola..)


La stagione appena conclusa affronta un tema tutt'altro che secondario: IL DOPO!


L'Ancella 4: il difficile viene anche dopo!


Non ho capito il senso della quarta stagione fino alla terza puntata. Prima di quell'episodio pensavo al solito seguito allungato all'inverosimile e annacquato nei temi e nella trama, buono solo per pagare i diritti all'autore e lo stipendio agli attori.

Dopo la visione del terzo episodio ho avuto l'illuminazione: mi stanno raccontando il dopo, con le sue mille sfaccettature e le mille difficoltà di chi si è lasciato alle spalle un trauma bello forte ma non si sente ancora a suo agio nell'ambiente dove ha trovato rifugio..

La difficoltà a raccontare a chi non c'era, a far capire "cosa" effettivamente è Gilead, la sua spietatezza, l'indifferenza al dolore di chi viene usato.

In questo la quarta stagione centra appieno l'obiettivo! E' molto realistico, è molto contemporaneo: solo noi stessi sappiamo esattamente quanto abbiamo sofferto, gli altri possono mostrare più o meno empatia, supporto, indifferenza.. Ma nessuno sa veramente quanto ho sofferto!!

La realtà del Canada, libero e progressista, con un vicino ingombrante col quale, volente o nolente, bisogna aver a che fare è così vicino alla realtà dei nostri anni!!

Il bombardamento di Chicago, i soldati carbonizzati, i profughi in fuga girati qualche mese prima della strage in Ucraina ne farebbero un'implacabile Cassandra se solo i tempi in cui le scene vengono girate non fossero prive di sospetto, e si mescolano con le scene della cruda realtà distopica in cui questo primo ventennio del duemila ci ha cacciato. Una distopia vera nella quale abbiamo ancora la possibilità di vedere distopie di (nemmeno troppa) fantasia.

Per questo la serie è, a suo modo, un capolavoro.


Il dopo di zia Lydia: i Testamenti vicini all'adattamento?


Interessante anche il "dopo" di chi resta. In primis quello di zia Lydia, un'aguzzina dal cuore tenero molto molto nascosto, potremmo dire con la consapevolezza di quello che scrive in forma di diario nei Testamenti (l'ho recensito qui).

Come gli Waterford in esilio, anche Lydia è in balia degli eventi che stanno sconvolgendo la statica realtà di Gilead. Ma di più: Lydia è in balia anche dei suoi sentimenti. Abbiamo capito nelle stagioni precedenti che, a suo modo, ama le Ancelle, ma soprattutto scopriamo che ha un rapporto particolare con Janine, la sente come figlia e questo sentimento potrebbe spaccarle il cuore, forse persino incrinare l'indefessa lealtà verso la nazione.


La scena del sushi merita un menzione

Vorrei anche citare una scena, forse l'unica, che mi ha fatto venire il groppo in gola: quando Rita, rifugiata anch'essa in Canada, si ordina il sushi e se lo gusta da sola, nel suo piccolo appartamento messo a disposizione del governo, mentre guarda alternativamente, indecisa e commossa, fuori da una luminosa finestra e il piatto che ha davanti con occhi bramosi..

Una scena apparentemente banale, che vuol dire tutto: una donna che torna donna e che si concede uno sfizio dopo anni di abusi e di schiavitù. L'attrice (Amanda Brugel) non dice una parola, parla con gli occhi ed è bravissima a farlo!