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L'Introduzione: Riccardo Valla per Nova di Samuel R. Delany edizione Classici Urania 285 dicembre 2000

Samuel R. Delany è nato il 1° aprile 1942 nella "Harlem di New York" 



Eufemismo dei suoi biografi per dire che è di colore, Judith Merril precisa che è "inter-razziale" e che appartiene a una famiglia della buona borghesia negra americana... 


A New York ha seguito studi di tipo scientifici (ha uno dei gradi di laurea minori in matematica), temperandoli con una fitta attività artistica: poesia (la moglie è un'apprezzata poetessa, Marilyn Hacker, direttrice di una rivista letteraria); musica (canta, e suona la chitarra: ha un suo complesso, The Heavenly Breakfast); letteratura (oltre a scrivere, insegna letteratura inglese); e anche il puro e semplice andare a zonzo, infischiandosene (in Grecia faceva il cantante folk, nel Golfo del Texas faceva il pescatore). 

La Merril dice che nemmeno lui sa bene se considerarsi un matematico, un musicista o uno scrittore, e che come esponente della sua generazione "è un passo più in là: circa dove saranno domani quei ragazzi che oggi vi preoccupano tanto". 



Trattandosi di una personalità così brillante e imprevedibile, è un po' rischioso azzardare un bilancio dell'attività di Delany nel campo della fantascienza: spesso vecchie allusioni, contenute nei suoi romanzi, trovano improvvisamente un chiarimento in qualche dato biografico, o la frase detta da un personaggio (e magari messa a tacere da un altro personaggio) diventa profondamente significativa per capire lo scopo di Delany nello scrivere tutto il romanzo; inoltre è probabile che tra poco esca una sua grossa opera di non si sa che tipo (da accenni starebbe scrivendo da tre anni "qualcosa": un romanzo di fantascienza o un romanzo di narrativa generale? 

Autori altrettanto brillanti hanno lasciato la fantascienza quando erano giunti al suo punto: Ballard, Bradbury, Vonnegut, Bester). 

Tuttavia si possono abbozzare alcune ipotesi di lavoro sul suo sviluppo di scrittore, suddividendolo, finora, in tre periodi: 1) dal 1961 al 1964, romanzi come I gioielli di Aptor e il "ciclo delle Torri"; 2) dal 1966 al 1968: Babel 17, Einstein perduto, Nova; 3) attuale periodo di "meditazione", iniziato già in Nova. (Il primo a farsi beffa di questo tipo di modelli - "modelli" nel senso di "modello dell'atomo secondo Bohr" - sarebbe lo stesso Delany: si veda alla fine del capitolo 4 di Nova, gli appunti di Katin sul modo di scrivere la storia… la conoscenza è antropomorfica. Il primo periodo è, in un certo senso, "lirico": i romanzi sono fondamentalmente ottimistici (nonostante le azioni spesso violente dei personaggi, l'autore è ottimista sia su ciò che sta compiendo, sia sulle vicissitudini dei personaggi). 

A un riassunto dell'intreccio, queste opere sono complesse, ricche di situazioni e di azione; il loro stile è una novità per la fantascienza: alla ricerca di un contatto più immediato tra la realtà descritta e il lettore (un contatto cioè non filtrato attraverso la normale "prosa narrativa": si veda nel capitolo 6 di Nova, l'episodio sulla monorotaia, quando il Sorcio fa un gesto e Katin lo detta al registratore), lo stile è obliquo, spesso le immagini sono tattili, visuali, olfattive (sempre nel capitolo 6, più avanti, quando è "in viaggio" col bliss, il Sorcio - cioè il Delany "lirico": Katin e il Sorcio sono le due facce del vero Delany come scrittore - dice: "Qualsiasi cosa io veda, ci premo dentro le pupille, vi ficco le dita e la lingua"), le scene si susseguono con stacchi bruschi, senza dissolvenze (in un suo saggio del 1968, sul problema di come costruire ogni singola frase di un romanzo, Delany riporta l'esperienza di chi legge a un'esperienza di tipo cinematografico; nello stesso saggio osserva che ormai il lettore dovrebbe essere abituato a bruschi cambiamenti di scena e di personaggio anche nei romanzi, dato che si è già abituato a vederli al cinema). 

Come risposta della critica, lo stile è stato messo nel mucchio degli esperimenti di linguaggio della New Wave di quegli anni, gli stacchi hanno evocato il nome di Van Vogt; Miller, su "Analog", parla della sua "abilità di creare società e mondi complessi e di destreggiarsi fra gli intrecci e le loro ramificazioni".

Con i romanzi del "secondo periodo", separato dal primo da un intermezzo di vagabondaggi, dal Delany lirico affiora il Delany preoccupato della propria arte. Nell'ultimo romanzo del periodo, Nova, la preoccupazione tocca il vertice: le costanti perplessità di Katin sul fatto che il romanzo deve essere su qualcosa, sul pubblico che lo leggerà, sulla stessa vitalità del romanzo come forma d'arte. I tre romanzi di questo periodo sfruttano nel modo migliore tutti gli strumenti tradizionali della fantascienza, si servono dei suoi cliché in modo brillante, ma nello stesso tempo costituiscono una ricerca d'altro tipo: anche se hanno strutture che ricordano miti del passato, svolgono seri discorsi sull'oggi (a volte da una prospettiva lontana) e in complesso sono scritti come scriverebbe fantascienza un romanziere "normale" che però conoscesse bene la fantascienza; come qualità sono eccellenti sia nell'uno sia nell'altro campo.

Anche la risposta dei critici è molto positiva: vincono due volte il Nebula. La Merril, che aveva letto Nova credendolo un romanzo di semplice avventura, finisce col lamentarsi perché "è così accattivante e facile alla lettura che si tende a dimenticare come ogni sua parola sia profondamente meditata"; Budrys dice che Delany è il miglior scrittore americano dell'anno, in assoluto; Ellison dice che l'importanza di Delany non si limita al campo della fantascienza; che è un autore significativo per la narrativa in generale. 

Dopo Nova, da vari anni Delany non ha più prodotto romanzi: la sua attività si è svolta come curatore di una serie di antologie e nella stesura di vari racconti. Questo silenzio potrebbe venire in parte chiarito dal conflitto tra romanziere e romanzo che compare in Nova: Katin teme di non sapere scrivere altro che una ricerca allegorica del Graal, ma alla fine si deciderà a scriverla perché non gli pare giusto fermarsi lì dopo tutto il lavoro fatto. 

Così si è tentati di pensare che anche Delany, mentre scriveva Nova, abbia sentito crescere in sé la perplessità sull'efficacia del romanzo in generale, e del romanzo di fantascienza in particolare, come forma artistica, e che, concluso il romanzo perché ormai l'aveva scritto (Budrys nota che alla fine un po' d'Illyrion potè va anche farlo vedere… ma a quel punto della stesura, probabilmente, il pensiero di Delany era sul rapporto autore-opera; l'Illyrion passava in secondo piano), abbia cercato di chiarire le proprie intenzioni come artista allontanandosi almeno temporaneamente da opere impegnative come un romanzo. 

Questo processo di riflessione - si è già visto con molti scrittori - porta quasi sempre in una sola direzione: verso la narrativa generale e fuori della fantascienza. Forse Nova sarà l'ultimo romanzo di Delany, forse non incontreremo più i suoi ritratti di civiltà cosmiche, i suoi personaggi così illuminanti, le sue disquisizioni erudite, la sua mescolanza del nuovo (di oggi, di quel secolo ventesimo che nel romanzo diventa emblematico della società futura) con l'antico… anche se, da una personalità imprevedibile come Delany, ci si può aspettare di tutto, anche che ritorni al romanzo di fantascienza (magari per sospenderlo alla penultima scena e darci un capolavoro come Nova).


L'ultima edizione del romanzo:



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