Neil Gaiman Miti del Nord: introduzione alla MITOLOGIA

Tra le novità Mondadori di quest'anno esce un libro che può apparire come l'ennesimo romanzo fantasy



Invece, il prolifico autore di American Gods, I Ragazzi di Anansi e Sandman ci porta alla scoperta di Thor, Odino e Loki!



Una mitologia per gran parte andata perduta e tenuta in vista solamente dalle edulcorate storie di fumetti e romanzi fantasy ma che, nella maggior parte dei casi, nulla hanno a che vedere con la mitologia originale...

La copertina:



L'Introduzione dell'autore:


E' difficile avere una mitologia preferita proprio come avere una cucina preferita in assoluto (certe sere si ha voglia di mangiare thai, altre sushi, altre ancora si desiderano disperatamente i semplici piatti che cucinava la mamma quando eravamo piccoli). Ma se proprio dovessi dichiarare quali sono i miei preferiti, probabilmente direi i miti norreni.

Il mio primo incontro con Asgard e i suoi abitanti è avvenuto quando ero un bambino di sette anni e leggevo le avventure del Mitico Thor disegnate dall’artista americano Jack Kirby, per le storie create da Kirby e Stan Lee e sceneggiate dal fratello di Stan Lee, Larry Lieber. Il Thor di Kirby era bello e possente, la sua Asgard una città fantascientifica e svettante, fatta di torri imponenti e fabbricati pericolosi, il suo Odino era saggio e nobile, il suo Loki una creatura sardonica e totalmente perfida, con il suo elmo dalle lunghe corna. Amavo il Thor biondo di Kirby con il suo martello, e volevo saperne di più.

Presi in prestito Myths of the Norsemen di Roger Lancelyn Green e lo lessi e rilessi, entusiasta e perplesso: Asgard, raccontata da lui, non era più una città del futuro alla Kirby, ma una dimora vichinga e un insieme di palazzi circondati da un deserto di ghiaccio; Odino il padre di tutto non era più amabile, saggio e irascibile, ma geniale, imperscrutabile e pericoloso; Thor era forte come il Mitico Thor dei fumetti, e il suo martello era sempre potentissimo, ma era anche… ecco, sinceramente, non era troppo sveglio; e Loki non era il male, anche se non era di sicuro un campione del bene. Loki era… complicato.

Inoltre, scoprii che anche gli dèi del Nord avevano il loro giorno del giudizio: Ragnarok, il crepuscolo degli dèi, la fine di tutto. Gli dèi avrebbero affrontato in battaglia i giganti del gelo, e sarebbero morti tutti.

Era già avvenuto Ragnarok? Doveva ancora succedere? Allora non lo sapevo. E adesso non ne sono sicuro.

Era proprio il fatto che il mondo con la sua storia finisce, e il modo in cui finisce e rinasce, che trasformava in eroi tragici, e in cattivi tragici, gli dèi e i giganti del gelo e tutti gli altri. Ragnarok era quello che manteneva vivo per me il mondo norreno, stranamente attuale e presente, mentre altri complessi di credenze meglio documentate mi sembravano ormai parte del passato, roba vecchia.

I miti nordici sono miti nati in un luogo gelido, dove le notti invernali sono lunghissime e le giornate estive interminabili, miti di un popolo che non si fidava del tutto dei propri dèi, e non li trovava neanche troppo simpatici, anche se li rispettava e li temeva. Per quanto ne sappiamo noi, gli dèi di Asgard nacquero in Germania, si diffusero in Scandinavia e poi in tutto il mondo dominato dai vichinghi – nelle isole Orcadi e in Scozia, in Irlanda e nel Nord dell’Inghilterra –, dove gli invasori lasciarono luoghi con nomi ispirati da Thor e Odino. 

In inglese, gli dèi hanno legato i loro nomi ai giorni della settimana. Ritroviamo Tyr il Monco (figlio di Odino), Odino, Thor e Frigg, la regina degli dèi, rispettivamente in Tuesday, Wednesday, Thursday e Friday. Tracce di religioni e miti più antichi sono presenti nelle storie della guerra e della tregua fra gli dèi Vanir e gli Aesir. I Vanir erano a quanto pare dèi della natura, fratelli e sorelle, meno guerrieri, ma forse non meno pericolosi degli Aesir.

È molto probabile, o almeno ipotizzabile, che ci fossero tribù che veneravano i Vanir e altre tribù che veneravano gli Aesir, e che gli adoratori degli Aesir abbiano invaso le terre degli adoratori dei Vanir, dopo di che trovarono accordi e compromessi. Ci sono dèi Vanir, come Frey e Freya, fratello e sorella, che vivono in Asgard con gli Aesir. Storia, religione e mito si mescolano, e noi ci facciamo domande, mettiamo in moto la fantasia, tiriamo a indovinare, come detective che ricostruiscono i particolari di un delitto ormai dimenticato. Ci mancano moltissime delle loro leggende, c’è tantissimo che non sappiamo. Abbiamo soltanto qualche mito giunto fino a noi in forma di racconto popolare, tramandato oralmente, e poi narrato in poesia o in prosa. 

Questi scritti risalgono a un tempo in cui il cristianesimo aveva già scalzato il culto degli dèi norreni, e alcune storie sono arrivate fino a noi perché la gente si preoccupava che, se non le avessero in qualche modo conservate, si sarebbe perso il significato di certi kenning – le frasi poetiche che descrivono gli eventi in alcuni miti specifici; le lacrime di Freya, ad esempio, è il modo poetico per indicare l’“oro”. In alcune delle leggende gli dèi del Nord sono descritti come uomini o re o antichi eroi, in modo che le storie potessero essere narrate anche ai cristiani. Alcuni racconti e poemi hanno riferimenti ad altre storie o implicano altre storie, che non sono giunte fino a noi.

È un po’ come se gli unici miti riguardanti gli dèi e i semidei greci e romani di cui fossimo a conoscenza fossero le gesta di Teseo ed Ercole. Abbiamo perso tanto.

Ci sono molte dee, nella mitologia norrena. Conosciamo i loro nomi e alcuni loro attributi e poteri, ma i racconti, i miti e i riti non sono giunti fino a noi. Mi piacerebbe raccontare le storie di Eir, perché era la dottoressa degli dèi, di Lofn, la consolatrice, che era la dea dei matrimoni, o di Sjofn, la dea dell’amore. Per non parlare di Vor, la dea della saggezza. Posso immaginare storie che le abbiano come protagoniste, ma non raccontare quelle originali. Sono perdute, o sepolte, o dimenticate.

Ho fatto del mio meglio per riproporre questi miti e queste leggende nel modo più fedele, e più interessante, possibile.

A volte i particolari di una storia sono contraddittori. Ma spero che tutti insieme compongano un affresco del mondo a quell’epoca. Raccontando a modo mio quei miti, ho cercato di immaginare me stesso tanto tempo fa, nei paesi in cui queste storie sono nate, magari durante le lunghe notti invernali, sotto le luci misteriose di quei cieli, o seduto all’aperto nelle ore piccole, sveglio nell’interminabile chiarore dei giorni d’estate, circondato da un pubblico che voleva sapere cos’altro aveva fatto Thor, e cos’era l’arcobaleno, e come vivevano, e da dove vengono le brutte poesie.

Quando ho finito di scrivere le storie e le ho rilette tutte di fila, mi sono stupito di scoprire che le sentivo come un viaggio, dal ghiaccio e dal fuoco che hanno dato origine all’universo fino al fuoco e al ghiaccio che metteranno fine al nostro mondo. Lungo la strada incontriamo personaggi che riconosceremmo se li incontrassimo veramente, come Loki e Thor e Odino, e altri di cui vorremmo tanto sapere di più (tra loro, la mia preferita è Angrboda, la moglie gigantessa di Loki, la madre dei suoi figli mostruosi, che compare come spettro dopo l’uccisione di Balder).

Non ho osato tornare a chi ha raccontato i miti scandinavi in opere che ho tanto amato, scrittori come Roger Lancelyn Green e Kevin Crossley-Holland, e rileggere i loro libri. Invece ho dedicato un po’ di tempo alle molte diverse traduzioni dell’Edda in prosa di Snorri Sturluson e ai versi dell’Edda poetica, parole che risalgono a più di novecento anni fa, e a scegliere le storie che volevo raccontare, e a decidere come volevo raccontarle, mescolando le versioni poetiche e quelle in prosa degli stessi miti. (Ad esempio, la visita di Thor a Hymir, così come la racconto qui, è un ibrido: inizia secondo l’Edda poetica, e poi aggiunge particolari di quando Thor va a pesca presi dalla versione di Snorri).

La mia malconcia copia di A Dictionary of Northern Mythology di Rudolf Simek, tradotto da Angela Hall, è stata uno strumento preziosissimo, consultato all’infinito, illuminante e informativo.

Un grazie enorme alla mia vecchia amica Alisa Kwitney per il suo lavoro editoriale. È stata una straordinaria cassa di risonanza, con opinioni precise e dirette, un grande aiuto, sensibile e perspicace. È riuscita a farmi scrivere questo libro soprattutto perché voleva leggere ancora un’altra storia, e mi ha aiutato a trovare il tempo per scriverlo. Le sono incredibilmente grato. Grazie a Stephanie Monteith, che con i suoi occhi di falco e la sua conoscenza delle leggende norrene ha colto parecchie cose di cui io forse non mi sarei accorto.

Grazie anche a Amy Cherry della Norton, che durante un pranzo per il mio compleanno otto anni fa ha suggerito che magari avrei potuto riscrivere qualche mito, e che è stata, alla luce di tutto, l’editor più paziente del mondo. Gli errori, le conclusioni arbitrarie e i punti di vista bizzarri di questo libro sono esclusivamente miei, e non vorrei mai che se ne desse la colpa a qualcun altro. Spero di aver raccontato queste storie con onestà, ma per me farlo è stata anche una grande gioia e un momento creativo.

È questa la gioia che ti danno i miti. Il divertimento nasce quando sei proprio tu a raccontarli, una cosa che ti incoraggio caldamente a fare, tu che stai leggendo questo libro. Leggi queste storie, e poi falle tue, e in qualche gelida e oscura notte di inverno, oppure in una serata estiva in cui il sole non tramonta mai, racconta ai tuoi amici quello che è successo quando hanno rubato il martello a Thor, o come Odino ha conquistato per gli dèi l’idromele della poesia…


Neil Gaiman
Lisson Grove, Londra,
Maggio 2016



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