L'introduzione: il Segreto di Rama di Giuseppe Lippi

Le premesse del direttore di Urania al Jumbo di questa estate dedicato al maestro indiscusso della fantascienza



CLARKE-KUBRICK-LEE: DA 2001 A RAMA

di Giuseppe Lippi

Il decennio creativo che segue la laboriosa ma straordinaria impresa di 2001: Odissea nello spazio (quattro anni di lavoro, dal 1964 al ’68, soltanto sul romanzo e la sceneggiatura, più altri quattro per arrivare alla pubblicazione del volume di “varianti” The Lost Worlds of 2001, 1972) sarà per Clarke straordinariamente fecondo. The Lost Worlds è un libro di grande interesse che contiene, a tutti gli effetti, i capitoli di un secondo 2001 con le scene tagliate, altri personaggi e un notevole incipit alternativo, dominato dalla figura dell’extraterrestre Clinar. Sia detto per inciso, essendo in gran parte un testo narrativo non sfigurerebbe in un numero speciale di “Urania” o “Urania Collezione”. L’anno sucessivo, 1973, Clarke pubblica un romanzo importante come Incontro con Rama (Rendez-vous with Rama) in cui l’influenza kubrickiana è evidente. L’oggetto-mondo arrivato dallo spazio, un enigma celeste tra i più affascinanti di tutta la fantascienza, è un monolito à la 2001 che non si limita a un pur pregevole design esterno ma offre curvature, cavità e un interno gigantesco da esplorare. La reazione dei lettori è entusiastica e, insieme al legato dell’ultimate trip, il viaggio dei viaggi cinematografico, proietta il suo autore nell’Olimpo della sf. Il vulcano, in realtà, ha appena cominciato a eruttare. Il futuro sir Arthur, posseduto da un’inventiva e una vigoria paragonabili a quelli degli anni Cinquanta e primi Sessanta (ma aggiornati e fortificati dalle nuove realtà della tecnologia e dall’era spaziale giunta al culmine, con i ripetuti sbarchi sulla luna), produce in quel decennio i suoi capolavori maggiori e alcuni dei romanzi più ambiziosi della science fiction inglese. Uno dopo l’altro si susseguono Terra imperiale (Imperial Earth, 1975) e Le fontane del Paradiso (The Fountains of Paradise, 1979). Non solo, ma mostrando una notevole dedizione ai suoi temi e personaggi, Clarke comincia a raccogliere idee e dati per una nuova serie di avventure basate sulle premesse originali di 2001. Negli anni Ottanta e Novanta appariranno così 2010: Odissea due (2010: Odyssey Two, 1982), 2061: Odissea tre (2061: Odyssey Three, 1987) e 3001: Odissea finale (3001: The Final Odyssey, 1997). Successi editoriali sempre più vistosi, tanto che per continuare a mantenere alto il ritmo della produzione il baronetto della fantascienza dovrà avvalersi dell’aiuto di collaboratori. Anzi di un collaboratore su tutti, Gentry Lee, compatriota molto più giovane di lui insieme al quale scrive il romanzo del 1988 Culla (Cradle). Una delle prime preoccupazioni di Clarke era sempre stato il mare, raccontato nel romanzo del 1963 Le porte dell’oceano (People of the Sea): il suo trasferimento in Sri Lanka negli anni Cinquanta era dovuto anche all’interesse per gli studi sottomarini. In Culla il mare viene trattato come un pianeta sommerso e la possibile culla di una nuova specie di umanità (oltre che il crogiolo originario della vita sulla terra). Sarà quel riuscito esperimento a lanciare le successive collaborazioni narrative di Clarke-Lee: Rama II (1989) e Il giardino di Rama (The Garden of Rama, 1991). La fortuna della serie, che riprende ed espande i motivi di Incontro con Rama, trova il suo epilogo nel romanzo che traduciamo oggi per la prima volta in Italia: Rama Revealed del 1993.

Tra un libro e l’altro sono passati vent’anni ma la forza della concezione originale trova ancora modo di riverberare in queste pagine, che hanno il merito di sciogliere gli interrogativi e i dubbi disseminati nella lunga saga interplanetaria. Cosa è veramente l’oggetto noto come Rama II? Quali sono i pericoli, oltre alle possibilità, offerti dalla tecnologia dei Nodi ramani, grazie ai quali è possibile raggiungere altri sistemi stellari? E che intenzioni hanno gli octoragni, esseri simili a ragni che si nascondono negli immensi recessi dell’artefatto extraterrestre? Dal ciclo di Rama, che i collezionisti saranno lieti di completare con questo nuovo capitolo, emerge una visione cosmica matura alla quale Clarke-Kubrick-Lee ci hanno abituati al di là delle semplificazioni della space opera. Lo spazio, anzi l’universo, non è a misura d’uomo; le creature che lo abitano tentano di sfidarne la complessità viaggiando tra le dimensioni, ma per fare questo devono inventare una nuova geometria. Rama è l’oggetto-mondo che sintetizza questa geometria e ce ne mostra la disumana potenza: raggiungere le stelle richiederà un prezzo altissimo da pagare al difforme, ai livelli di realtà che ci erano preclusi e di cui non facevamo parte ma che non esiteremo a tentare di conoscere. Nel tentativo, è probabile che moriremo come uomini ma ci affacceremo a possibilità più vaste, come il Bambino delle stelle che chiude simbolicamente l’odissea di 2001. Clarke, dal canto suo, lo aveva già detto ai tempi delle Guide del tramonto che ripubblichiamo questo stesso mese: l’umanità, il cui genere è l’infanzia, è in attesa di mutare. Non sappiamo ancora in cosa, ma l’universo oltre la terra non è fatto per i bipedi di questo pianeta in periferia. Se lo spazio è il limite dell’uomo, la sua fine (e l’inizio in una nuova geometria), il momento di decollare è arrivato.

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