Notizie
Caricando...

I Canti di Hyperion finalmente riuniti (in ebook) da FANUCCI

hyperion+syfy

Mentre SyFy prepara la serie TV (link) Fanucci riunisce in un unico formato digitale una serie fondamentale della fantascienza contemporanea: i Canti di Hyperion!


canti+di+hyperion

Pubblicata tra il 1989 e il 1997, la tetralogia di Hyperion è un unicum letterario difficilmente definibile: non è solo Space Opera, è mitologia, è filosofia e tanto, tantissimo altro... Impossibile non appassionarsi alla trama man mano che si avanza nella lettura. Impossibile non innamorarsi di uno stile che difficilmente ritroviamo nelle opere dello stesso autore, leggiamo il prologo al terzo libro, Endymion:

Spoiler

Sono sicuro che leggi questo scritto per la ragione sbagliata.
Se lo leggi per imparare che cosa si prova a far l'amore con un mes­sia, il nostro messia, allora non dovresti proseguire nella lettura, per­ché sei poco più d'un voyeur.
Se lo leggi perché sei un appassionato dei Canti del vecchio poeta e muori dalla voglia di sapere quale fine hanno poi fatto i pellegrini su Hyperion, rimarrai deluso. Non so che cosa sia accaduto alla maggior parte di loro: vissero e morirono quasi tre secoli prima della mia na­scita.
Se leggi questo scritto per capire meglio il messaggio di Colei Che Insegna, anche in questo caso rimarrai forse deluso. Ero interessato a lei come donna, lo confesso, non come maestra o come messia.
Se lo leggi infine per scoprire il destino di lei, o addirittura il mio, leggi il documento sbagliato. Per quanto il suo e il mio destino sem­brino inevitabili e prestabiliti come per qualsiasi persona, non ero con lei, quando si compì il suo, e il mio attende l'atto conclusivo proprio mentre scrivo queste parole.
Già mi sorprenderebbe il semplice fatto che tu legga questo scritto. Ma non sarebbe la prima volta che gli eventi mi sorprendono. Gli ulti­mi anni sono stati per me una successione di eventi improbabili, cia­scuno più straordinario e, a quanto pare, inevitabile del precedente. Scrivo infatti per condividere con altri questi ricordi. Forse non pro­prio per condividerli (lo so, è molto poco probabile che qualcuno tro­vi i miei scritti) ma soltanto per mettere sulla carta la serie di eventi, in modo da darle nella mia mente forma compiuta.
"Come so ciò che penso, finché non vedo ciò che dico?" scrisse uno scrittore pre-Egira. Per l'appunto. Devo vedere quegli eventi, per sape­re che cosa pensarne. Devo vedere gli eventi mutati in inchiostro, le emozioni mutate in pagina stampata, per credere che siano davvero accaduti e che mi abbiano toccato.
Se leggi questo scritto per la stessa ragione per cui io lo scrivo... per ricavare dal caos degli ultimi anni una sorta di schema, per imporre una parvenza d'ordine alla serie d'eventi in fondo casuale che ha rego­lato la nostra vita negli ultimi decenni standard... allora forse, tutto sommato, lo leggi per la giusta ragione.
Da dove iniziare? Da una sentenza di morte, forse. Ma quella di chi? La mia, o di lei? E, se la mia, quale delle mie? Ho varie morti fra cui scegliere. Ma forse quest'ultima, la mia morte definitiva, è la scelta appropriata. Iniziare dalla fine.
Scrivo questi fogli mentre mi trovo, come il gatto di Schròdinger, in una scatola che gira in orbita alta intorno a un pianeta in quarantena, Armaghast. La scatola non è affatto una scatola, ma un ovoide dalle pareti lisce, solo sei metri per tre: fino al termine della mia vita, sarà tutto il mio mondo. L'interno è in pratica una cella spartana che com­prende la scatola nera per riciclare l'aria e i rifiuti, la cuccetta, il sintetizzatore di cibo, uno stretto ripiano che mi fa da tavolo da pranzo e da scrittoio, e infine il water, il lavandino e la doccia, posti dietro un tramezzo di fibroplastica per ragioni di decenza che mi sfuggono: qui nessuno verrà mai a farmi visita. La riservatezza mi pare una vuota battuta umoristica.

dan+simmons

Ho una tavoletta di scrittura e uno stilo. Terminata una pagina, ne faccio una stampa su micropergamena ottenuta dal riciclatore. Du­rante ogni giornata, l'unico cambiamento visibile nel mio ambiente è il lento accumulo di pagine sottili come un'ostia.
La fiala di gas venefico non è visibile. Si trova nel guscio statico-dinamico dell'ovoide ed è collegata all'apparecchio per filtrare l'aria, in modo tale che un tentativo di manomissione provocherebbe la fuoruscita di cianuro; e analogo risultato si avrebbe, se si tentasse di forzare il guscio stesso della mia cella. Nell'energia solidificata del guscio so­no fusi anche il rivelatore di radiazioni, il suo timer e l'isotopo. Non so mai quando il timer casuale attiva il rivelatore. Né so mai quando lo stesso timer casuale apre la schermatura di piombo del minuscolo isotopo. Non so mai quando l'isotopo emette una particella.
Ma saprò quando il rivelatore sarà già attivo nell'istante in cui l'isotopo emette una particella. Dovrei sentire l'odore di mandorle amare, in quel secondo, o paio di secondi, prima che il gas mi uccida.
Mi auguro che non duri più d'un paio di secondi.
Tecnicamente, secondo l'antico paradosso della fisica quantistica, al momento non sono né morto né vivo. Sono nell'indeterminazione di onde di probabilità parzialmente sovrapposte, come il gatto dell'esperimento filosofico di Schrödinger. Poiché il guscio della sca­tola è poco più che energia solidificata pronta a esplodere alla minima intrusione, mai nessuno vi guarderà dentro per scoprire se sono morto o se sono ancora vivo. Teoricamente, nessuno è responsabile diretto della mia esecuzione, poiché le immutabili leggi della meccanica quan­tistica mi perdonano o mi condannano da ogni microsecondo a quello successivo. Non ci sono osservatori.
Ma io sono un osservatore! Io aspetto, con qualcosa di più del fred­do distacco d'un osservatore, questo particolare collasso delle onde di probabilità. Nell'istante in cui inizierà il sibilo del cianuro, ma prima che il gas mi arrivi ai polmoni, al cuore, al cervello, io saprò in quale modo l'universo ha scelto di riordinarsi.
Almeno, lo saprò per quanto riguarda me. Cosa che, a pensarci be­ne, è l'unico aspetto della determinazione dell'universo al quale la maggior parte di noi è interessata.
Nel frattempo, mangio e dormo e produco rifiuti e respiro e seguo l'intero rito quotidiano di ciò che si può in definitiva dimenticare. Ec­co l'ironia: in questo preciso momento, io vivo... se "vivere" è la pa­rola esatta... solo per ricordare. E per scrivere di ciò che ricordo.
Se leggi questo scritto, quasi certamente lo leggi per la ragione sba­gliata. Ma, come tanto spesso accade nella vita, la ragione per fare una cosa non ha importanza. Rimane l'azione compiuta. Alla fin fine, contano solo due fatti immutabili: io ho scritto queste pagine e tu le leggi.
Da dove iniziare? Da lei? Lei è la persona di cui tu vuoi leggere e l'unica che io desidero ricordare su tutto e su tutti. Ma forse dovrei iniziare dagli eventi che mi condussero a lei e poi qui, attraverso gran parte di questa galassia e oltre.
Inizierò dall'inizio... dalla mia prima sentenza di morte.

Fine spoiler

metabarons

 L'universo dei Metabaroni 
ha ricevuto molti stimoli dal ciclo di Simmons

douglas+adams

La costrizione e la solitudine della prigionia nel vuoto dello spazio che spingono il narratore a raccontarci la sua storia, ma qui siamo di fronte a una ripresa fedele delle tecniche letterarie classiche, infatti offrono una diretta fonte di ispirazione i Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer e, ovviamente, il Decamerone del Boccaccio.

Ma nei nomi di pianeti e personaggi è la mitologia antica a venir fuori, per non parlare di lui, John Keats, il poeta romantico per antonomasia, il quale offre gratuitamente il nome all'intero ciclo (oltre a essere presente come personaggio nella sua versione clone-cibernetica).

L'uomo ha colonizzato lo spazio, ma lo spazio non è un luogo facile da vivere: le atmosfere sono molto cupe, molto più nere del nero della fantascienza hard, direi un cupo quasi magico. Un universo che si disvela tramite i racconti dei pellegrini giunti su Hyperion, una sorta di luogo santo (ebbene si, il papa c'è anche qui) dove si riuniscono cittadini prescelti e costretti a far visita alle Tombe del Tempo e al suo custode, lo Shrike, una sorta di mostro umanoide rivestito di spine (tipo Lady Oscar nella prima versione della sigla finale).

Sullo sfondo una potenziale guerra con gli Ouster, una fazione dell'umanità che ha scelto la vita nello spazio profondo...

Un universo impegnativo ma affascinante, insomma, un must per appassionati del genere e una raccolta di concetti stimolanti sulla vita, l'universo e tutto quanto... Siete disposti a correre il rischio?!?

Articoli di Jimi Paradise

LEGGI ANCHE: