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Dormire in un mare di stelle: recensione del primo romanzo sci-fi di Christopher Paolini

Esperimento "ruffiano" dello scrittore della Saga di Eragorn nella fantascienza


Il romanzo è stato diviso in due volumi, pubblicati da Rizzoli


Attenzione: spoiler


Nel romanzo appena concluso ho trovato una new space opera alla Hamilton, le xenobiologie di Hogan, molte citazioni (i nomi delle navi alla Banks, per es. l'Extenuating Circumstances), il primo Scalzi, ma anche le atmosfere di film di primo contatto come Avatar, Prometheus e Arrival.

Altre citazioni che ho colto sono i cervelli di bordo, vere e proprie menti (non proprio alla Banks, ma quasi, visto che sono ex umani, quindi alla Dune potremmo dire); la colonizzazione sei sistemi vicini alla Bujold; l'ironia alla Adams, c'è persino l'"astronave sfigata" alla Millenium Falcon (la Wallfish)...

Certo, tutto molto annacquato! Infatti, di storie di primo contatto ne è piena la fantascienza e Paolini dimostra di aver "studiato" tanto e di avere una buona capacità di scrivere storie anche al di fuori del suo genere privilegiato, il fantasy. La lettura, infatti, è scorrevole ma, a mio avviso, troppo piena di tempi morti.



La storia

Riassumendo ai minimi termini la storia, si parla di una giovane scienziata che entra in contatto con una sorta di "armatura" aliena che finisce per integrarsi col suo corpo. Questa "Lama morbida", come viene ribattezzata dalla protagonista Kira, è in realtà un'arma molto potente, uno scudo impenetrabile, ma anche un mezzo offensivo molto efficace. In effetti, un esoscheletro creato da una civiltà evoluta estinta, gli Scomparsi, ricercata anche dagli Wranaui, la specie senziente protagonista del primo contatto con la razza umana. Si tratta di una sorta di calamari spaziali quasi immortali che vogliono invadere preventivamente lo spazio umano e stanno combattendo anche contro gli "Incubi", una specie misteriosa che sembra uscita da un esperimento mal riuscito.

Ho fatto molta fatica a proseguire verso la metà del libro, mi sembrava scritto a mo' di riempitivo, con dialoghi inutili tra i personaggi e robe del genere, lamentele su patologie che manco i miei nonni... In un neologismo, troppo "dialogoso" insomma... Mi ha ricordato il mio unico tentativo di leggere uno di quegli autori di avventura contemporanei (non ricordo se era Cussler o Clancy...) e avevo quel vago formicolio dietro la testa quando leggo qualcosa scritto ossessivamente per diventare un film o una serie tv... Nella terza parte, quando si arriva sul pianeta degli Scomparsi, il ritmo si riprende un po': siamo alla ricerca del Bastone del Blu, una sorta di arma finale e definitiva che potrebbe porre fine alla guerra.


Il risveglio dell'Inquisitore

Va da sé che le cose non vanno bene, tra l'altro nel tentativo viene risvegliato una sorta di super-guerriero che sembra preso in prestito dalle saghe fantasy (l'Inquisitore, frangisenno nella lingua delle meduse, non facciamo per forza i maliziosi, lasciamo stare Stranger Things) fa scappare tutti da Nidus, il pianeta degli Scomparsi.

Nella fuga scopriamo che le meduse (gli Wranaui) sono divisi in due fazioni, una delle quali è disposta ad allearsi con gli umani pur di sconfiggere gli Incubi. Veniamo anche a sapere che l'evoluzione spaziale delle meduse è totalmente successiva alla scoperta dei reperti degli scomparsi, mentre la razza umana si è evoluta nello spazio prima di scoprirli, non so se questo avrà un senso nella seconda parte del romanzo... Vedremo, forse...


Voto 3/5

Continuerò a leggere la seconda parte? Non so...



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