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L'introduzione - George Lucas ai tre libri Mondadori su Guerre Stellari



Nel dicembre del 1976, Ballantine Books pubblicò in paperback un romanzo intitolato Star Wars: From the Adventures of Luke Skywalker (Guerre stellari: dalle avventure di Luke Skywalker), scritto dal ghost writer Alan Dean Foster sulla base della mia sceneggiatura del film. Sulla copertina campeggiava un quadro di arte concettuale di Ralph McQuarrie mentre sulla quarta, a caratteri piccoli, si annunciava “Presto un grande film della Twentieth Century Fox”. 

Il primo approccio del pubblico al mondo di Star Wars avvenne così, in sordina, e quella prima edizione del romanzo non fu un grande successo commerciale.

Solo quando venne riproposto come tie-in ufficiale del film vendette milioni di copie rompendo tutti i record, proprio come stava facendo il film nei cinema. In qualche modo, la prima edizione si era comportata come mi aspettavo avrebbe fatto il film – una performance rispettabile, sufficiente a permettermi di continuare la saga. Star Wars ha superato tutte le mie aspettative.

Nel momento in cui questa edizione speciale dello Star Wars originale viene data alle stampe, sono già immerso nella scrittura di nuovi episodi della saga, il che mi dà un senso di déjà-vu, perché il succo della nuova trilogia di prequel è già tutto delineato nelle prime due pagine di questo libro, nel prologo. Insomma, ho richiuso il cerchio adesso che torno alle origini per un nuovo inizio.

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Ho concepito sin dall’inizio Star Wars come una serie di sei film, 

o meglio due trilogie. Il primo, Star Wars – Una nuova speranza, era il quarto episodio e, così com’era strutturato, doveva funzionare da solo ed essere un’esperienza completa ed emotivamente soddisfacente. Il successo cinematografico mi ha permesso di procedere e realizzare l’episodio successivo della saga, L’Impero colpisce ancora. Come parte centrale di una commedia in tre atti, L’Impero costituiva per sua natura una sfida, dovendo reggere anche come singolo film. 

Quando ho scritto la sceneggiatura originale di Star Wars, sapevo già che Dart Fener era il padre di Luke Skywalker, ma non lo sapeva il pubblico. Intuivo che questo fatto, nell’attimo in cui l’avrei rivelato, sarebbe stato uno shock, ma non mi sarei mai aspettato dagli spettatori un tale attaccamento a Luke come simbolo del bene, e a Fener come incarnazione del male. Ho dovuto mettere questa rivelazione alla fine del film, e lasciare il pubblico in sospeso per tre anni prima che la vicenda trovasse la sua conclusione nell’episodio successivo. Il film comunque doveva stare in piedi da solo.

L’Impero poneva delle difficoltà tutte particolari. Per scrivere la sceneggiatura basata sulla mia storia avevo chiamato Leigh Brackett, un’autrice di fantascienza molto brava, che purtroppo morì di cancro giusto dopo aver consegnato la prima bozza. Per fortuna avevo da poco assunto un giovane scrittore molto talentuoso per sceneggiare I predatori dell’arca perduta, Lawrence Kasdan. Con sua grande sorpresa, gli chiesi di scrivere l’episodio dell’Impero. 

In questo film poi c’erano il doppio degli effetti speciali e gli studios della Industrial Light & Magic hanno praticamente dovuto reinventare il loro mestiere (d’altra parte non è stata né la prima né l’ultima volta nella loro lunga storia). Alla fine siamo riusciti a realizzare un film capace di trasportare i fan in posti mai visti coinvolgendoli con nuove emozioni, e stimolando la curiosità per nuovi sviluppi.

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Nel contesto della prima trilogia di Star Wars, Il ritorno dello Jedi rappresenta il terzo atto di una commedia in tre atti. Era per sua natura l’episodio in cui i numerosi e intricati fili dell’intreccio dovevano essere annodati per giungere a una risoluzione vittoriosa e soddisfacente. In effetti, la struttura che avevo scelto di dare alla storia all’inizio della trilogia lasciava così tanti punti insoluti, che scrivere la sceneggiatura di questo episodio è risultata una delle più grandi sfide che abbia mai affrontato. 

Ian Solo doveva essere salvato, Leila doveva scegliere fra Luke e Ian, Luke doveva decidere se unirsi a suo padre o combattere contro di lui, Yoda e Ben dovevano rivelare chi fosse l’“altra” speranza degli Jedi. Più degli altri due film, Jedi mi ha dato la possibilità di affrontare argomenti di natura filosofica che mi stanno molto a cuore. Uno dei temi centrali della trilogia è che in ogni individuo esiste un potenziale di bontà che si realizza solo grazie alle scelte che ciascuno compie. In Jedi ho potuto sviluppare questo tema nel drammatico confronto tra Luke Skywalker e Dart Fener davanti all’Imperatore.

Star Wars parla anche dello scontro fra umanità e tecnologia

, una questione che occupa i miei pensieri già dal primo film. In Jedi è la più semplice delle forze naturali a distruggere le armi apparentemente invincibili dell’Impero del male.

Articoli di Jimi Paradise

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